Approfondimenti

Regolamento UE sul geoblocking e gli effetti sull’e-commerce

Il GEOBLOCKING “blocco geografico” consiste nelle limitazioni per l’accesso o l’acquisto di beni o servizi tramite interfacce on line, come siti internet e applicazioni, posti da un professionista di uno Stato membro nei confronti di clienti di un altro Stato membro che desiderano effettuare transazioni transfrontaliere.

I MOTIVI dell’applicazione di condizioni di accesso differenziate negli Stati membri dell’Unione sono molteplici e possono essere individuati nella divergenza dei sistemi giuridici, nell’incertezza del diritto e nella diversità della legge applicabile in materia di protezione dei consumatori, ambiente, etichettatura, tassazione e regimi fiscali, costi di consegna e regimi logistici.

EVOLUZIONE NORMATIVA:

→ Con un primo intervento attraverso l’art. 20 della Direttiva 2006/123/ CE è stato previsto che i prestatori dei servizi stabiliti nell’Unione non possono trattare in modo diverso i destinatari sulla base della loro nazionalità o del loro luogo di residenza.

→ Dalla Relazione Finale sull’Indagine settoriale sul commercio elettronico della Commissione al Consiglio e Parlamento europeo del 10.05.2017 è emerso che, spesso, non è possibile fare acquisti transfrontalieri on line perché i dettaglianti rifiutano di vendere ai consumatori all’estero, ad esempio bloccando l’accesso ai siti web, ridirigendo i consumatori verso siti web dedicati ad altri Stati membri o semplicemente rifiutando di fornire la merce oltre frontiera o di accettare pagamenti transfrontalieri oppure offrono termini e/o condizioni diversi se il cliente risiede in un altro Stato membro.

→ In tale ottica, il Parlamento e Consiglio Europeo hanno previsto l’eliminazione del blocco geografico ingiustificato e di altre forme di discriminazione basate su nazionalità, luogo di residenza e di stabilimento dei clienti nell’ambito del mercato interno, mediante l’adozione del Regolamento UE 2018/302 che è entrato in vigore il 3 dicembre 2018.

REGOLAMENTO UE 2018/302:

OBIETTIVI

Il Regolamento, in coerenza con la Direttiva 2006/123/CE, mira a definire in modo esplicito alcune situazioni in cui un diverso trattamento basato su nazionalità, luogo di residenza o stabilimento non può essere giustificato, ponendosi l’obiettivo di dettare regole chiare, precise, uniformi ed efficaci.

Il Regolamento si prefigge di contrastare la discriminazione diretta e indiretta nell’ambito delle transazioni transfrontaliere tra un professionista ed un cliente relativamente alla vendita di beni e alla fornitura di servizi all’interno dell’Unione e di combattere, altresì, le disparità di trattamento ingiustificate.

I destinatari della normativa sono i consumatori e le imprese che agiscono come clienti, ossia utilizzatori finali ai fini del regolamento, mentre non si estende ai clienti che acquistano un bene o un servizio per la rivendita, trasformazione, trattamento, locazione o subappalto successivi.

DIVIETI

Per garantire la parità di trattamento e dunque assicurare che i professionisti trattino gli acquirenti di altri paesi come quelli del paese interno, i professionisti non dovranno progettare le loro interfacce on line o utilizzare strumenti tecnologici, in modo da impedire all’atto pratico ai clienti di altri stati membri di completare agevolmente i propri ordini. Potrà essere prevista, invece, la possibilità di utilizzo di diverse interfacce online per rivolgersi a clienti provenienti da Stati membri diversi, mentre deve essere impedita la possibilità di reindirizzare i clienti da una versione dell’interfaccia online ad un’altra senza il consenso esplicito.

ECCEZIONI

Sussistono eccezioni al divieto di geoblocking, ossia quelle ipotesi in cui il blocco, la limitazione di accesso o reindirizzamento senza consenso potrebbero essere necessari per garantire il rispetto di un requisito giuridico previsto dal diritto dell’Unione Europea o dalle leggi di uno Stato membro in conformità al diritto dell’Unione a cui il professionista è soggetto per effetto dello svolgimento di un’attività dello Stato membro interessato.

Inoltre, il divieto di geoblocking non è previsto per tutti i beni o servizi e ne restano esclusi i contenuti digitali coperti da diritto d’autore e diritti connessi. Restano esclusi altresì i servizi di trasporto, finanziari, sanitari e sociali, come emerge dal Regolamento.

 

In conclusione, il divieto di discriminazione di cui al Regolamento non deve essere inteso in modo da precludere ai professionisti di offrire beni o servizi in Stati membri diversi o a determinati gruppi di clienti ricorrendo a offerte mirate e a condizioni generali di accesso diverse, anche predisponendo interfacce on line specifiche per Paese, ma interpretato ed applicato nel senso che ogni cliente deve avere il diritto, alle condizioni specifiche previste dal presente Regolamento, di effettuare transazioni alle stesse condizioni di un cliente locale e deve poter accedere pienamente e in modo paritario ai diversi beni o servizi offerti, a prescindere dalla  nazionalità, luogo di residenza o luogo di stabilimento.

Approfondimenti

Coworking: attivo il bando della regione Toscana per i coworkers

Il coworking è una forma di condivisione degli spazi di lavoro sempre più diffusa, non soltanto tra i liberi professionisti e le start up, ma anche per i lavoratori dipendenti, in considerazione dello sviluppo e della diffusione della legge che disciplina lo smart working.

La Regione Toscana si è resa parte attiva nella fase di crescita di tale istituto, attraverso la costituzione di un elenco qualificato di soggetti fornitori di coworking in Toscana (aggiornato da ultimo con Decreto Dirigenziale n. 6293 del 12 maggio 2017 ) e prevedendo l’erogazione di contributi fino a 3.500,00 euro per coloro che intendono fruire dello spazio di coworking, con l’approvazione dell’Avviso per l’assegnazione di voucher a supporto dell’auto imprenditorialità e del lavoro autonomo attraverso l’accesso agli spazi di coworking di cui all’elenco qualificato regionale per le annualità 2018, 2019 e 2020, la cui prossima finestra per presentare la domanda sarà aperta tra il 1 ed il 31 dicembre 2018.

E’ pertanto opportuno fornire un breve inquadramento della fattispecie con un esame delle principali criticità da tenere presenti quando si procede alla stipula di un contratto di coworking.

Il coworking presenta VANTAGGI per entrambe le parti: sia per il concedente, i cui benefici sono di natura economica, in quanto con tale modalità di concessione dell’immobile si trae un maggior profitto rispetto alla semplice locazione, che per gli utilizzatori i quali possono beneficiare di una struttura funzionale e completa per dare avvio alla propria attività senza dover reperire un immobile ad uso ufficio che rispetti le norme di sicurezza di cui al d.lgs. 81/2008 e senza sostenere i costi dell’investimento iniziale.

L’OGGETTO del contratto è la messa a disposizione ed il godimento di una postazione di lavoro, per un arco temporale prestabilito e previo pagamento di un canone. È un contratto atipico, pertanto, mantenendo fermi i principi generali della disciplina codicistica dei contratti, le parti sono libere di disciplinarne il contenuto nei suoi elementi caratterizzanti:

– tipologie di postazioni: “ad uso continuativo”, “ad uso sporadico”, “per utilizzo uffici indipendenti”, “per utilizzo sala riunioni”, “per utilizzo aule di formazione”;

 

– attrezzature e servizi offerti: utilizzo della rete internet, fotocopiatrice, scanner, sala riunioni, luce, riscaldamento, acqua e generalmente anche la pulizia dello spazio e l’eventuale segreteria;

 

– orario: l’utilizzatore può utilizzare gli spazi senza limiti di tempo, sia nei giorni lavorativi che festivi, oppure pattuire specificatamente i limiti di tempo individuando orari e giorni specifici;

 

– durata: liberamente determinabile, in quanto non vi sono vincoli di durata, con specificazione delle modalità di recesso e di eventuale rinnovo tacito;

 

– prezzo: il corrispettivo deve essere indicato in forma scritta, come le modalità ed i termini di pagamento e può essere disciplinato mediante pattuizione di un canone mensile oppure previsto a consumo attraverso l’installazione di contatori e tessere magnetiche che registrano l’effettivo uso dei servizi da parte di ciascun utilizzatore.

Può essere previsto un deposito cauzionale a carico dell’utilizzatore, generalmente predeterminato in un ammontare pari al corrispettivo dovuto per una mensilità, con l’obbiettivo di risarcire il concedente da eventuali danni all’uso delle strumentazioni e degli ambienti.

 

– responsabilità, non sussistendo alcuna normativa ad hoc, si raccomanda di procedere ad una regolamentazione dettagliata di tale aspetto, al fine di prevenire l’insorgere di controversie, tenendo sempre presente che entrambe le parti contrattuali sono tenute al rispetto dell’art. 1176 c.c. che richiede la diligenza del buon padre di famiglia nell’adempimento delle obbligazioni.

L’obbligo del concedente è quello di garantire l’accesso ai locali e la funzionalità delle attrezzature individuate nel contratto, mentre l’utilizzatore è responsabile per tutti quei comportamenti contrari ai codici di condotta contrattuali e risponde dei danni arrecati alle strumentazioni ed ai locali.

La parte che è più a rischio è sicuramente il concedente in quanto la messa a disposizione di spazi ed attrezzature di terzi, potrebbe essere soggetta a danni per negligenza e furti. Si esclude invece la responsabilità per il furto o lo smarrimento di oggetti appartenenti al professionista e lasciati sulla scrivania o negli armadietti. Ecco perché in caso di contratto di coworking è caldamente consigliato l’utilizzo di badge nominali per l’accesso in modo da identificare chi e quando, accede allo spazio, tale formula tutela sia il concedente che gli utilizzatori.

Recupero crediti

Recupero crediti impresa cancellata

Un’impresa operante nel settore dei metalli preziosi si è rivolta allo studio in conseguenza del mancato pagamento di una fornitura di prodotti per il valore di circa 60.000,00 euro. Dall’esame della documentazione estratta dalla Camera di Commercio è emerso che l’impresa individuale debitrice era stata cancellata dal Registro delle imprese e dalle verifiche svolte presso l’ufficio anagrafe è stato constatato l’intervenuto decesso della titolare.

Abbiamo provveduto ad accertare la presenza di eventuali eredi ed è emersa la presenza degli stessi e la loro accettazione espressa dell’eredità.

Conseguentemente è stato dato avvio alla procedura di recupero del credito, mediante l’invio di formale lettera di costituzione in mora nei confronti degli eredi, alla quale è seguito il ricorso per decreto ingiuntivo, con richiesta di concessione della provvisoria esecutorietà in forza di assegni protestati.

Il Giudice, in accoglimento della richiesta, ha emesso decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, in forza del quale abbiamo dato impulso alla procedura di esecuzione mediante pignoramento presso terzi sui conti correnti dei debitori. Gli Istituti di credito interessati hanno rilasciato dichiarazione positiva di giacenze a totale copertura del credito.

In pendenza del predetto procedimento, i debitori hanno proposto opposizione all’esecuzione presso terzi chiedendone la sospensione. Nelle more del giudizio sono intercorse trattative per la definizione bonaria della posizione, che tuttavia non hanno avuto buon esito.

Esaminata la proposta avanzata da controparte, alla luce delle opportunità di effettivo recupero e del rigetto dell’istanza di sospensione della procedura, si è ritenuto infatti di proseguire l’esecuzione, che si è conclusa con l’assegnazione da parte del Giudice di una somma corrispondente all’integrale importo vantato a credito oltre che le spese legali e di procedura.

L’intera attività di recupero del credito si è conclusa in meno di un anno con piana soddisfazione del credito e rimborso delle spese anticipate.

Contrattualistica d'impresa

Contratto di agenzia estero

Un’azienda italiana operante nel settore dell’abbigliamento si è rivolta allo studio per dirimere una controversia sorta con un proprio agente di commercio incaricato per la zona Regno Unito, a seguito della richiesta di pagamento dell’indennità di fine rapporto di euro 15.000,00 circa, conseguente alla risoluzione contrattuale inviata dalla proponente.

Esaminato il caso alla luce della normativa di riferimento – Commercial Agent Regulation 1993 che ha recepito la direttiva CEE 653/86 – è stata inviata una formale contestazione che ha evidenziato le numerose violazioni contrattuali poste in essere dall’agente, tra le quali la mancata restituzione della collezione nei termini concordati, l’omesso accertamento della solvibilità dei clienti e gli errori nell’invio degli ordini.

Su tali presupposti è stata rigettata la richiesta di pagamento dell’indennità di fine rapporto ed è stata avanzata richiesta di risarcimento dei danni subiti dalla proponente a causa dei numerosi inadempimenti contrattuali.

A seguito di un’attenta valutazione delle reciproche pretese e dei costi da sostenere per adire l’Autorità Giudiziaria inglese, è stato concordato con l’azienda l’avvio di una negoziazione, avvenuta tramite scambio di corrispondenza e videoconferenze, volta a definire in via stragiudiziale la controversia.

La trattativa si è conclusa con la firma di un accordo contenente la rinuncia dell’agente di commercio alla riscossione dell’indennità e con il rimborso della quota del 50% delle spese legali sostenute dalla nostra assistita.