Fake news, quando si integra un reato?
Alzi la mano chi non si è mai imbattuto in una fake news.
Nell’epoca di internet, dei giornali on line, dei blog, dei social è praticamente impossibile non aver mai trovato – e magari creduto – ad una fake news. Poco importa se si tratta di notizie divertenti, magari riguardanti qualche strana specie animale o tradizione popolare, ma in alcuni casi le notizie false, esagerate, sbagliate o distorte possono avere una rilevanza tale da costituire un vero e proprio reato.
In base all’interpretazione giurisprudenziale, è falsa “la notizia completamente difforme dal vero, priva di fondamento”; è esagerata “la notizia che, pur basandosi su un fondamento di verità risulta amplificata, ingrandita e iperbolica”; è tendenziosa “la notizia che, pur riferendo cose vere, viene presentata in modo da ingenerare in chi la apprende una rappresentazione deformata della realtà”.
In presenza di simili caratteristiche, la notizia potrebbe avere una rilevanza penale e il suo autore (o colui che semplicemente ha contribuito alla sua diffusione) potrebbe incorrere in una sanzione addirittura penale.
I reati che possono essere integrati diffondendo una fake news sono molteplici:
In tempo di guerra, la diffusione di notizie false è punita dall’art. 265 c.p., che disciplina il Disfattismo politico, che punisce chiunque diffonda o comunichi voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico.
Anche in tempo di pace le notizie false possono costituire reato, ove vadano a ledere l’ordine pubblico e la tranquillità sociale. Basti pensare al delitto di aggiotaggio che punisce chiunque diffonde notizie false concretamente idonee ad alterare il mercato; al reato di pubblicazione di notizie false, esagerate o tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico, che sanziona chi pubblica o diffonde una notizia falsa, esagerata o tendenziosa idonea a turbare l’ordine pubblico; al reato di procurato allarme presso l’Autorità, per tutti coloro i quali annunciando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscitando allarme presso l’Autorità o esercenti di pubblico servizio; o ancora al reato di abuso della credulità popolare, che punisce chiunque pubblicamente cerca di abusare della credulità popolare, ove dal predetto fatto possa derivare un turbamento dell’ordine pubblico.
Infine, evidente è il legame con la diffamazione, ove la notizia falsa su una o più determinate persone sia potenzialmente idonea a offenderne la reputazione determinando il discredito e la lesione dell’onore di essa o di esse all’interno della cerchia sociale, dell’ambiente lavorativo, familiare. Quando poi la notizia viene diffusa mediante internet la diffamazione si manifesta nella sua forma aggravata.
A tal proposito, peraltro, come ha chiarito da sempre la giurisprudenza, “…non è necessario che la persona cui l’offesa è diretta sia nominativamente designata, essendo sufficiente che essa sia indicata in modo tale da poter essere individuata in maniera inequivoca…”. Questo principio appare particolarmente rilevante in materia di fake news diffuse a mezzo social. Ciò in quanto, molto spesso, coloro che diffondono tali notizie, insultano o diffamano chi si oppone alle loro teorie, ma sono convinti di non incorrere nel delitto in esame non nominando espressamente le persone, ma sostituendo i nomi con nomignoli o appellativi di vario genere che in realtà non schermano l’identità del destinatario delle offese che rimane sempre facilmente individuabile da coloro che leggono la notizia.
Altrettanto evidente è il rapporto problematico con la libera manifestazione del pensiero, diritto tutelato costituzionalmente dall’art. 21 della Costituzione. Ciò che, però, tutti non sanno è che la stessa Costituzione pone dei limiti al suddetto diritto in alcune e specifiche circostanze. Una di queste è senz’altro la lotta alle c.d. fake news, ossia la pubblicazione di notizie false o esagerate con foto e titoli sensazionalistici per attirare “clic” sulle proprie pagine o blog e – sempre più spesso – guadagnare in base al numero delle visualizzazioni.
Ed allora, colui che pubblica una notizia deve verificare la corrispondenza rigorosa dei fatti accaduti con quelli narrati (principio della verità), l’esistenza di un interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza dei fatti narrati (principio della pertinenza) e deve esprimere il proprio pensiero in modo corretto e composto, evitando aggressioni gratuite all’altrui reputazione (principio della continenza).
In presenza di queste caratteristiche, il reato di diffamazione non viene integrato in quanto scriminato dall’esercizio del diritto di cronaca, di critica e di satira.
Tra i tre principi enucleati dalla giurisprudenza il principio della verità della notizia è quello che maggiormente si presenta di immediato interesse per la tematica delle fake news, in quanto appare del tutto evidente che le notizie false, violando tale principio, non potranno mai essere scriminate sulla base del diritto di cronaca. Tuttavia, il problema non è di così facile soluzione perché che vi sono vari livelli e modi di falsificazione e/o manipolazione della realtà e, in materia di fake news, soprattutto quando esse si innestano in una più ampia narrazione complottistica, si cerca di affermare che “è proprio la fake news ad essere la verità”.
Occorre pertanto prestare molta attenzione al contenuto delle notizie che vengono pubblicate, facendo ricorso non soltanto a verifiche sulla fonte e/o sul contenuto stesso della notizia, ma anche a consulenti che possano accompagnare verso una pubblicazione consapevole.