Cosa cambia in materia di appalti nel 2020: nuovi obblighi e sanzioni a carico di committente e appaltatori
Come ormai noto agli operatori del settore, il Decreto fiscale 2020 (D.L. n. 124/2019), come modificato dalla Legge di conversione L. n. 157/2019 ha introdotto importanti novità in tema di appalti con decorrenza a far data dal 31 gennaio 2020, imponendo ai committenti una serie di oneri aggiuntivi, finalizzati a controllare e garantire il regolare adempimento dei versamenti delle ritenute fiscali da parte delle imprese appaltatrici a cui, nell’ambito della propria attività, hanno affidato in outsourcing lavori, opere o servizi.
Vediamo nel dettaglio in cosa consistono tali novità, in quali casi si applicano e da quando si applicano, nonché che tipo di conseguenze comporta la loro violazione.
Ambito di applicazione
Iniziamo con il dire che le novità normative introdotte dall’art. 4 del D.L. 124/2019 e riportate integralmente nell’art. 17 bis del D.lgs. n. 241/1997 si applicano alle seguenti tipologie contrattuali: tutti i contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, nei quali l’affidamento del compimento di una o più opere o di uno o più servizi sia di importo complessivo annuo superiore a euro 200.000 rispetto ad una singola impresa committente, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente o con utilizzo di beni strumentali dello stesso committente o ad esso riconducibili in qualunque forma.
Deve trattarsi, quindi, di contratti di una certa rilevanza economica (non inferiori ad € 200.000 annui) nonchè caratterizzati per essere “labour intensive” in quanto, come detto svolti o effettuati con prevalente utilizzo di manodopera, presso le sedi del committente e/o con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente.
La norma, inoltre si riferisce, come chiarito anche dalla Circolare dell’AE 1/E/2020 del 12 Febbraio 2020, da un punto di vista soggettivo, ai soggetti residenti in Italia ai fini delle imposte sui redditi e pertanto, stante l’espresso richiamo all’art. 23 del D.P.R. n. 600 /1973, nel novero rientrano:
enti e società indicati nell’articolo 73, comma 1, del TUIR;
società e associazioni indicate nell’articolo 5 del TUIR;
persone fisiche che esercitano imprese commerciali ai sensi dell’articolo 55 del TUIR o imprese agricole;
persone fisiche che esercitano arti e professioni;
curatore fallimentare e commissario liquidatore;
condominio
Sono pertanto esclusi dall’applicazione della norma i soggetti non residenti, senza stabile organizzazione in Italia, nonché i soggetti residenti che non esercitano attività d’impresa o non esercitano imprese agricole o non esercitano arti o professioni, ad esempio i condomìni, in quanto tali soggetti non detengono beni strumentali e dunque non possono esercitare alcuna attività d’impresa o agricola o attività professionale. Per le medesime ragioni sono esclusi dall’ambito di applicazione gli enti non commerciali (enti pubblici, associazioni, trust ecc.) limitatamente all’attività istituzionale di natura non commerciale svolta.
La deroga prevista dall’ art. 17 bis, comma 5 del lgs. n. 241/1997
Fermo restando l’ampio raggio di applicazione delle nuove norme introdotte, l’art. 17 bis comma 5 ha previsto e disciplinato una ipotesi di esonero di applicazione dell’intera nuova disciplina per quelle imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici che comunichino al committente, allegando la certificazione rilasciata dall’Agenzia delle entrate, di possedere cumulativamente i seguenti requisiti:
– risultino in attività da almeno tre anni;
– siano in regola con gli obblighi dichiarativi;
– abbiano eseguito nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio versamenti complessivi, registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni stesse;
– che non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’Irap, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori a 50 mila euro, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione.
L’Agenzia delle entrate, con la recente circolare 1/E/2020 ha chiarito che, su richiesta delle aziende interessate e previa verifica dei requisiti metterà la certificazione (DURF), valida quattro mesi dalla data del rilascio, a disposizione delle singole imprese a partire dal terzo giorno lavorativo di ogni mese. Inoltre, si chiarisce che nel caso in cui il committente sia una pubblica amministrazione la sussistenza dei requisiti potrà essere oggetto di autocertificazione.
I nuovi obblighi previsti a carico delle parti
Per quanto concerne i nuovi obblighi previsti dall’art. 17 bis, la disposizione prevede che le imprese committenti rientranti nell’ambito di applicazione come sopra delineato, sono onerate a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali trattenute ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio.
In particolare per poter consentire al committente la regolarità delle certificazioni, le imprese appaltatrici o affidatarie e le imprese subappaltatrici dovranno provvedere entro cinque giorni lavorativi successivi alla scadenza del versamento a fornire al committente un elenco dettagliato contenente:
– le deleghe di pagamento, sopra menzionate;
– i nominativi di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente;
– il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun dipendente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato;
– l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione
– il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.
Per arginare il fenomeno degli omessi versamenti, la normativa inoltre, esclude la possibilità di compensazione delle ritenute relative ai redditi di lavoro dipendente e assimilati da parte delle imprese appaltatrici, affidatarie e subappaltatrici che eseguono opere e servizi rientranti nel perimetro della disciplina. Al riguardo l’Agenzia delle Entrate con la circolare 1/E del 12 febbraio 2020 ha chiarito che il divieto di compensazione non è applicabile per i crediti maturati dall’impresa in qualità di sostituto d’imposta (ad esempio rimborsi da 730, eccedenze di versamento o di ritenute, bonus 80 euro).
In caso di mancato adempimento da parte di queste ultime degli obblighi di trasmissione di cui sopra entro il termine di 5 giorni o nel caso di omesso versamento delle ritenute fiscal, il comma 3 dell’art. 17-bis introduce l’obbligo per il committente di sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria
In sostanza il Committente deve sospendere, finché perdura l’inadempimento, il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria sino a concorrenza del 20% del valore complessivo del servizio o dell’opera ovvero per un importo pari alle ritenute non versate come risultante dai dati delle comunicazioni trasmesse.
Inoltre ne deve dare comunicazione entro 90 giorni all’Agenzia delle Entrate.
A tal proposito sempre nelle indicazioni fornite dall’AE nella circolare 1/E/2020, si afferma che il committente dovrà effettuare una valutazione di “congruità” , verificando che la retribuzione oraria corrisposta a ciascun lavoratore non sia manifestamente incongrua rispetto all’opera prestata dal lavoratore. Ancorché il riscontro dovrà basarsi su elementi cartolari (ad esempio, sulla verifica della corrispondenza tra le deleghe di versamento e la documentazione fornita), lo stesso dovrà essere accompagnato da una valutazione finalizzata a verificare, tra l’altro, la coerenza tra l’ammontare delle retribuzioni e gli elementi pubblicamente disponibili (come nel caso di contratti collettivi), l’effettiva presenza dei lavoratori presso la sede del committente.
Per esigenze di semplificazione, limitatamente alla verifica sulle ritenute, la circolare chiarisce che queste ultime non si considerano manifestamente incongrue allorché siano superiori al 15 per cento della retribuzione imponibile ai fini fiscali.
Profili sanzionatori a carico del committente
Nel caso in cui il committente non adempia agli obblighi previsti a suo carico, il successivo quarto comma della nuova disposizione normativa dispone l’applicabilità di una sanzione per il committente pari a quella irrogata all’impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice per la corretta determinazione ed esecuzione delle ritenute, nonché per il tempestivo versamento delle medesime. Il committente è, dunque, tenuto a versare una somma calcolata e riferita alla quota parte di ritenute fiscali – riferibili ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio presso il medesimo – non correttamente determinate, eseguite e versate.
Si tratta, in particolare, delle sanzioni previste dall’articolo 14 del D.Lgs. 471/97 in caso di mancata esecuzione delle ritenute (sanzione pari al 20% degli importi non trattenuti) e dall’articolo 13 del D.Lgs. 471/97 per l’omesso o ritardato versamento delle ritenute stesse (pari al 30% dei versamenti non effettuati).
In sostanza, il committente sarà soggetto a una sanzione in misura corrispondente a quella irrogata all’impresa che ha commesso la violazione. La sanzione sarà applicabile qualora il committente non abbia richiesto la prova del pagamento delle ritenute eseguite dall’impresa, non abbia sospeso il pagamento dei corrispettivi in caso di eventuali inadempimenti oppure abbia omesso di segnalarli all’Agenzia delle Entrate.
Non si tratta dunque di un regime di responsabilità solidale (come già previsto per le obbligazioni contributive dall’articolo 29 del D.Lgs. n. 276/2003); piuttosto l’intervento normativo deve essere contestualizzato nell’ambito di una serie di disposizioni finalizzate a contrastare le false compensazioni e ad attribuire in capo ai soggetti committenti un ruolo di controllo sull’esecuzione dei versamenti delle ritenute fiscali in alcuni settori particolarmente critici.
Considerata la natura sanzionatoria della disposizione in commento, la circolare 1/E/2020 ha chiarito che restano fuori dall’ambito di applicazione della stessa tutte le altre violazioni tributarie da parte dell’impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice non espressamente menzionate (ad esempio, la violazione degli obblighi dichiarativi in qualità di sostituto d’imposta di cui all’articolo 2 del decreto legislativo n. 471 del 1997).
Decorrenza
Rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 17-bis le ritenute operate sugli emolumenti di competenza gennaio 2020. I nuovi obblighi troveranno applicazioni con riferimento alle ritenute operate nel mese di gennaio 2020 e quindi relativamente ai versamenti da effettuare entro il 17 febbraio 2020 anche con riguardo a contratti di appalto, affidamento o subappalto stipulati in un momento antecedente al 1°gennaio 2020.
Considerazioni conclusive
Stante l’impianto innovativo introdotto con le norma sopra ripercorse, si suggerisce alle imprese operanti nel settore degli appalti pubblici o privati un’attenta valutazione dei propri contratti, già attualmente in essere nonché in corso di stipula o contrattazione, rendendosi opportuna, soprattutto in considerazione delle conseguenze sanzionatorie a carico delle imprese committenti, l’introduzione all’interno dei contratti di clausole specifiche o appendici aggiuntive aventi ad oggetto i nuovi obblighi a carico delle imprese appaltatrici, sub appaltatrici o affidatarie di opere o servizi, al fine di responsabilizzare queste ultime anche nell’ambito dei rapporti contrattuali tra le parti.
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