Appalti pubblici Approfondimenti Non categorizzato

Via libera alle procedure aperte per gli affidamenti sotto soglia? i chiarimenti del MIT.

Il nuovo codice dei contratti pubblici, d.lgs. 3672023 entrato in vigore il 1 luglio 2023, prevede all’art. 50 le modalità di svolgimento delle procedure di gara per appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria. In estrema sintesi, l’art. 50 stabilisce che le stazioni appaltanti procedono all’affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture con le seguenti modalità: a) affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150mila euro, anche senza consultazione di più operatori economici; b) affidamento diretto dei servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo inferiore a 140mila euro, anche senza consultazione di più operatori economici; c) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per i lavori di importo pari o superiore a 150mila euro e inferiore a 1 milione di euro; d) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14, salva la possibilità di ricorrere alle procedure di scelta del contraente di cui alla Parte IV del presente Libro; e) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per l’affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo pari o superiore a 140milaeuro e fino alle soglie di cui all’articolo 14. La norma sembra voler imporre alle stazioni appaltanti l’utilizzo delle procedure di affidamento diretto e negoziate per gli importi sopra elencati. Ciò è ricavabile proprio dall’interpretazione letterale della norma, la quale utilizza il tempo indicativo presente (“le stazioni appaltanti procedono” anziché “le stazioni appaltanti possono procedere” come previsto invece nel vecchio codice, d.lgs. 50/2016), nel prevedere le procedure da applicare. Inoltre, è la norma stessa ad indicare per i soli casi sub d) (procedura negoziata per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14) che la procedura negoziata possa essere sostituita dalla procedura aperta ordinaria. In buona sostanza, sarebbe stato introdotto dal nuovo codice il divieto di utilizzo di procedure aperte ordinarie per tutti gli appalti sotto soglia comunitaria (salva la categoria prevista all’art. 50 comma 1 lett. d). Sennonché il Mit, con circolare interpretativa del 20 novembre 2023 n. 298 rileva che le procedure sotto soglia debbono essere interpretate alla luce del principio del risultato; degli ulteriori principi del Titolo I, Parte I, Primo Libro del Codice e dei principi generali dell’ordinamento attraverso le prassi delle Amministrazioni pubbliche e della giurisprudenza. Pertanto, precisa la Circolare, per gli affidamenti sotto soglia è possibile scegliere, nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell’Unione europea, tra l’applicazione di procedure aperte o ristrette, come disposto dalla Direttiva 2014/24/ UE. Dunque, l’interpretazione che sembrava imporre il divieto dell’utilizzo di procedure aperte per appalti sotto soglia  non trova il consenso del MIT.
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FONDO IMPRESA DONNA: contributi e agevolazioni a sostegno dell’impresa femminile

La legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020, art. 1, co. 97-106) ha istituito, presso il Ministero dello Sviluppo economico, un Fondo a sostegno dell’impresa femminile con l’obiettivo di incentivare la partecipazione delle donne al mondo delle imprese, supportando le loro competenze e creatività per l’avvio di nuove attività imprenditoriali e la realizzazione di progetti innovativi, attraverso contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati.

Il Fondo finanzierà programmi d’investimento da realizzare entro due anni e con un tetto di spesa ammissibile fissato a 250.000 euro per nuove imprese e fino a 400.000 euro imprese già esistenti.

Gli interventi di supporto del Fondo Impresa Donna possono consistere in:

contributi a fondo perduto per avviare imprese femminili (con particolare attenzione alle imprese individuali e alle attività libero professionali in generale e con specifica attenzione a quelle avviate da donne disoccupate di qualsiasi età);finanziamenti a tasso zero o comunque agevolati (è ammessa anche la combinazione di contributi a fondo perduto e finanziamenti);
incentivi per rafforzare le imprese femminili, costituite da almeno 36 mesi, mediante erogazione di contributi a fondo perduto del fabbisogno di circolante nella misura massima dell’80% della media del circolante degli ultimi 3 esercizi;
percorsi di assistenza tecnico-gestionale, per attività di marketing e di comunicazione durante tutto il periodo di realizzazione degli investimenti o di compimento del programma di spesa, anche attraverso un sistema di voucher;
investimenti nel capitale, anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, a beneficio esclusivo delle imprese a guida femminile tra start-up innovative e PMI innovative, nei settori individuati in coerenza con gli indirizzi strategici nazionali.

Sono ammesse alle richieste le attività nei settori dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli, dei servizi, del commercio e del turismo.

Le agevolazioni del Fondo Impresa Donna possono essere utilizzate per:

nuovi impianti, macchinari e attrezzature;
immobilizzazioni immateriali;
servizi cloud per la gestione aziendale;
personale dipendente assunto a tempo indeterminato o determinato dopo la data di presentazione della domanda e impiegato nell’iniziativa agevolata.

Il Fondo sostiene, inoltre, azioni per la diffusione della cultura e la formazione imprenditoriale femminile, attuate dal soggetto gestore, sulla base di un piano di attività condiviso con il Ministero, attraverso iniziative per la promozione del valore dell’imprenditoria femminile nelle scuole e nelle università, per la diffusione di cultura imprenditoriale tra le donne, di orientamento e formazione verso percorsi di studio nelle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, di sensibilizzazione verso professioni tipiche dell’economia digitale e attraverso azioni di comunicazione per diffondere la cultura femminile d’impresa e promuovere i programmi finanziati dal Fondo stesso.

Il Fondo Impresa Donna è destinato alle imprese femminili nascenti o già esistenti, in particolare si rivolge alle seguenti categorie di beneficiari:

cooperative e società di persone con ameno il 60% di donne socie (è previsto l’obbligo che i legali rappresentanti o amministratori non siano mai stati condannati con sentenza definitiva per reati che costituiscono motivo di esclusione dagli appalti);
società di capitale con quote e componenti del CDA per almeno due terzi di donne, sempre con il vincolo dell’assenza di condanne definitive per i reati che comportano esclusione degli appalti pubblici;
imprese individuali la cui titolare è una donna e risulti non condannata in via definitiva per reati che costituiscono motivo di esclusione dagli appalti;
lavoratrici autonome che presentano l’apertura della partita IVA entro 60 giorni dalla comunicazione positiva della valutazione della domanda;
persone fisiche che intendono avviare l’attività purché, entro 60 giorni dalla comunicazione positiva della valutazione della domanda, trasmettano documentazione sull’avvenuta costituzione.

Nel caso di una società, cooperativa, società di capitale o impresa individuale costituita da meno di un anno, la sede legale o operativa dell’impresa deve essere collocata in Italia.

Per garantire il buon funzionamento del fondo, il Ministero si avvarrà anche del Comitato impresa donna istituito in Bilancio e da disciplinare con un apposito Decreto.

Le domande di agevolazione potranno essere compilate e depositate esclusivamente in via telematica, utilizzando la procedura informatica che sarà messa a disposizione in un’apposita sezione del sito internet del Soggetto gestore www.invitalia.it.

La domanda dovrà essere accompagnata da un progetto imprenditoriale contenente:

dati dell’impresa femminile richiedente;
descrizione dell’attività;
analisi del mercato e relative strategie;
aspetti tecnico-produttivi ed organizzativi;
aspetti economico-finanziari.

Per le iniziative relative alle imprese già esistenti, la domanda dovrà essere completata con il bilancio relativo ai tre esercizi antecedenti la presentazione della domanda di agevolazione.

Nel caso di persone fisiche la documentazione atta a comprovare la costituzione dell’impresa o l’apertura della partita IVA dovrà essere trasmessa elettronicamente tramite la procedura informatica, entro 60 giorni dalla data di comunicazione di esito positivo della valutazione.

 

L’apertura dei termini, le modalità per la presentazione delle domande di agevolazione saranno definite dal Ministero dello sviluppo economico con successivo provvedimento, con il quale saranno, altresì, fornite le necessarie specificazioni per la corretta attuazione degli interventi.

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Reati tributari e responsabilita’ degli enti ex d.lgs. 231/2001: una nuova inclusione

Da dicembre 2019 gli illeciti tributari sono entrati ufficialmente a far parte dei reati presupposto della responsabilità degli enti ex D.Lgs. 231/2001.

Con il primo intervento, ad opera del D.L. 26 ottobre 2019, convertito con modifiche in L. 19 dicembre 2019, n. 157, è stato introdotto nel decreto 231 il nuovo art. 25-quinquiesdecies che estende il catalogo dei reati presupposto della responsabilità degli enti alle seguenti fattispecie:

– dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, co.1 e co. 2-bis, d.lgs. n. 74/2000);

– dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, d.lgs. 74/2000);

– emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, commi 1 e 2-bis, d.lgs. 74/2000);

– occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, d.lgs. 74/2000);

– sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, d.lgs. 74/2000).

Successivamente, nel mese di luglio 2020, sono state ulteriormente ampliate le fattispecie tributarie rilevanti ai fini 231 mediante il recepimento della c.d. Direttiva PIF (Direttiva UE 2017/1371) che, da un lato, ha esteso ulteriormente il novero dei reati tributari presupposto della responsabilità degli enti – introducendo i reati di dichiarazione infedele (art. 4, d.lgs. 74/2000), omessa dichiarazione (art. 5, d.lgs. 74/2000) e indebita compensazione (art. 10-quater, d.lgs. n. 74/2000) – e, dall’altro lato, ha limitato la responsabilità dell’ente per queste tipologie di reati, prevedendo che l’ente possa rispondere  solo se le condotte criminose sono commesse nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, al fine di evadere l’IVA e per un importo superiore a 10 milioni di euro.

Da un punto di vista pratico, questa estensione impone una ulteriore presa di coscienza e analisi delle società che potenzialmente potrebbero incorrere nella realizzazione delle ipotesi criminose di nuova introduzione. Per fare ciò, inevitabilmente, si dovrà partire da un’analisi del rischio di verificazione delle condotte criminose e delle procedure aziendali e dei protocolli interni al fine di valutare l’adeguatezza o la necessità di revisione dei medesimi ovvero l’introduzione di nuove procedure aziendali volte a prevenire e/o mitigare il rischio di realizzazione delle fattispecie criminose in parola.

Per quanto sopra, occorrerà prestare attenzione a specifiche attività che riguardano, a titolo esemplificativo, la corretta registrazione contabile di fatture o altri documenti, la tenuta della contabilità, il complesso delle attività dichiarative volte alla determinazione dei tributi con la redazione dei bilanci. Più in generale, si dovrà avere riguardo alle procedure aziendali riguardanti i rapporti con i fornitori, compresa la selezione ed identificazione della controparte, con la corretta contabilizzazione delle operazioni di acquisto e vendita e di ogni altra spesa. Di particolare importanza sarà l’attività di controllo svolta dal Collegio Sindacale e dalla società di Revisione, ove presenti, oltre che i controlli effettuati dall’Organismo di Vigilanza.

Infine, particolare attenzione dovrà essere dedicata alla predisposizione e/o aggiornamento dei Modelli Organizzativi di Gestione (MOG) e alla formazione dei responsabili incaricati di presidiare le procedure aziendali interessate.

Più nel dettaglio, a titolo meramente esemplificativo, di seguito si elencano alcune cautele che potranno essere seguite dagli enti al fine di mitigare il rischio di commissione dei reati di questa specie:

prevedere all’interno del Codice etico e del Modello organizzativo ex d.lgs. 231/01 specifici principi, obblighi e divieti relativi alla disciplina in materia tributaria idonei a prevenire la commissione dei reati tributari rilevanti in tema 231;
garantire la più rigorosa trasparenza contabile in qualsiasi momento ed a fronte di qualsiasi circostanza;
prevedere regole interne relative all’emissione e/o al ricevimento di documentazione afferente la contabilità aziendale, alla predisposizione e/o presentazione di dichiarazioni e comunicazioni relative alla materia tributaria, oltre che al pagamento di imposte;
adottare specifiche procedure per la gestione degli acquisti di beni e servizi, anche distinguendo le diverse tipologie (beni, servizi, investimenti, piccolo acquisti ricorrenti di modesto importo, ecc.), con identificazione dei ruoli coinvolti e delle responsabilità e con segregazione delle funzioni coinvolte nel processo, in particolare tra la gestione dell’ordine, la gestione dei pagamenti e la registrazione delle spese;
vincolare contrattualmente eventuali terzi a cui siano affidate le attività di predisposizione delle dichiarazioni e comunicazioni in materia di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, prevedendo apposite dichiarazioni del terzo consulente o della società: a) di essere a conoscenza della normativa di cui al D.lgs. 231/2001 e delle sue implicazioni per la Società; b) di impegnarsi a rispettare la normativa, garantendone il rispetto anche da parte dei propri dipendenti e collaboratori; c) di non essere mai stati condannati (o avere richiesto il patteggiamento) e di non essere al momento imputati o indagati in procedimenti penali relativi ai Reati Presupposto; nel caso di esistenza di condanna o di procedimento in corso, e sempre che l’accordo sia ritenuto indispensabile e da preferirsi a un contratto con altri soggetti, dovranno essere adottate particolari cautele; d) di impegno a rispettare il Modello Organizzativo di Gestione e il Codice Etico della Società, ovvero, nel caso di enti, di avere adottato un proprio analogo Modello e un Codice Etico che regolamentano la prevenzione dei reati contemplati nel Modello e nel Codice Etico della Società;
controllare che le fatture e i documenti contabili si riferiscano a prestazioni effettivamente svolte da parte dell’emittente delle fatture/documenti ed effettivamente ricevute dall’ente;
verificare la regolare applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e delle altre imposte sui redditi;
effettuare una costante attività formativa, a tutti i destinatari, su quanto previsto dal Codice etico e dal Modello organizzativo 231 aziendale, assicurando diffusione/formazione sulle diverse procedure/protocolli.

Tali previsioni dovranno essere inserite all’interno dei nuovi modelli di organizzazione, gestione e controllo, unico strumento che offre all’imprenditore, ai soci e alla governance aziendale un vero e proprio sistema integrato di controlli che consente di monitorare l’attività dell’impresa e, pertanto, di gestire in modo efficiente e puntuale qualsiasi forma di rischio (compreso quello fiscale e penale). 

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Effetti della Brexit sull’E-commerce

A seguito del referendum del 2017 sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, in cui il 52% ha votato per lasciare l’Unione Europea, è stato dato avvio al processo che ha determinato il 31 gennaio 2020 la Brexit, ovvero la fine dell’adesione del Regno Unito all’Unione Europea.

Ciò ha dato inizio a un periodo di transizione, iniziato appunto il 31 gennaio 2020, durante il quale il Regno Unito ha continuato a far parte del mercato unico, che garantisce la libera circolazione di persone, servizi, merci e capitali all’interno degli stati membri dell’Unione Europea e dell’unione doganale che assicura negli scambi commerciali una tariffa esterna comune a tutte le merci che entrano nel territorio dell’unione.

Il periodo di transizione si è concluso il 31 dicembre 2020, data i cui i rapporti fra Regno Unito e Unione Europea hanno iniziato ad essere regolati dall’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione sottoscritto il 24 dicembre 2020, che troverà applicazione fino al 28 febbraio 2021, salvo proroghe.

Tale accordo definisce le condizioni della futura collaborazione del Regno Unito con l’UE, incentrate principalmente su:

– un accordo di libero scambio di merci, di servizi e di un’ampia gamma di altri settori di interesse dell’Unione (es. investimenti, concorrenza, aiuti di Stato, trasparenza fiscale, trasporti aerei e stradali, energia e sostenibilità, pesca, protezione dei dati e coordinamento in materia di sicurezza sociale).

– un partenariato per la sicurezza dei cittadini attraverso una cooperazione tra polizie e autorità giudiziarie nazionali, per combattere e perseguire penalmente il crimine e il terrorismo transfrontalieri.

– Un accordo in materia di governance che chiarisca con quali modalità l’accordo sarà gestito e controllato, istituendo un consiglio incaricato di accertarsi che l’accordo sia applicato e interpretato correttamente.

A decorrere dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito ha quindi lasciato il mercato unico e l’unione doganale dell’UE insieme a tutte le politiche dell’Unione europea e agli accordi internazionali ed ha avuto pertanto fine la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali tra il Regno Unito e l’Unione europea.

CONSEGUENZE PER L’E-COMMERCE

In tale contesto di rapporti commerciali non ancora ben definiti, un’attenzione particolare viene posta al settore dell’e-commerce, alla luce del fatto che il mercato online britannico è per numero di vendite il terzo più importante a livello europeo.

Con l’uscita del Regno Unito dal Mercato unico europeo e la fine dell’unione doganale, si sono verificati gravi disagi per il commercio elettronico, in particolar modo per ciò che riguarda le attività di logistica e spedizione.

Nessun problema nel caso in cui il merchant disponga di un magazzino in UK, ma qualora venda la merce da un magazzino Italiano (o CEE), tutti gli ordini spediti nel Regno Unito potranno essere soggetti a DAZIO DOGANALE, ovvero un’imposta indiretta applicata sul valore dei prodotti importati ed esportati dal Paese.

L’ammontare dell’imposta viene quantificata dall’Autorità doganale sulla base del valore di ogni singolo prodotto acquistato.

I dazi doganali di norma devono essere pagati dal destinatario, affinché la merce possa effettivamente entrare in suo possesso. Se questo rifiuta il pagamento del dazio, il costo viene automaticamente addebitato al mittente della spedizione.

Oltre al pagamento del dazio, che è appunto una tassa che si aggiunge all’IVA, deve essere tenuto in considerazione anche il costo delle operazioni doganali, ovvero un corrispettivo richiesto dal vettore che corrisponde quindi ad un aggravio dei costi di spedizione.

Il dazio ed il costo per le operazioni doganali devono essere pagati sia quando il prodotto viene inviato all’acquirente che alla restituzione, in caso di reso. Questo crea non pochi problemi per la vendita di tutti quei prodotti il cui costo non riesce ad assorbire il valore dell’imposta.

Deve inoltre essere fatta attenzione alla documentazione accompagnatoria dei prodotti per gli ordini diretti in UK. La documentazione per lo sdoganamento deve contenere informazioni precise sul prodotto, tra cui il codice doganale delle merci, la descrizione dettagliata (marchio, composizione, Paesi di origine), il numero di pezzi, il peso netto e lordo, il valore di ogni articolo e totale, il valore della spedizione, ecc.

CALCOLO DAZI DOGANALI E VERSAMENTO IVA

Per la gestione fiscale e contabile delle vendite online B2C transfrontaliere dell’UE verso il Regno Unito, devono essere tenuti in considerazione il valore della spedizione ed il canale di vendita, quali variabili per determinare l’ammontare della tassa e gli adempimenti da porre in essere.

Per le spedizioni di prodotti con valore complessivo non eccedente £ 135 (inteso come valore dei prodotti, non comprensivo di eventuali oneri, come le spese di spedizione):

non verrà applicato alcun dazio doganale (cd. “low value relief”);
L’IVA sarà dichiarata e versata trimestralmente dal venditore europeo all’HMR, l’agenzia delle entrate britanniche.

Per le spedizioni di prodotti con valore complessivo eccedente £135 verrà applicato il dazio doganale (che può essere calcolato al seguente link ) e l’IVA britannica.

Per tali casi il merchant dovrá decidere se includere il costo dei dazi doganali e dell’IVA nel prezzo di vendita, incaricando il corriere di versare gli oneri d’importazione o se addebitare al destinatario britannico i dazi e l’IVA con pagamento al corriere.

Per quanto concerne invece le vendite effettuate tramite marketplace dal 1° gennaio 2021:

l’applicazione del dazio doganale dipenderà dal valore del prodotto (se eccedente o meno £ 135)
per l’IVA saranno i marketplace (es. Amazon, eBay e Alibaba) i responsabili della riscossione e del versamento dell’Iva sulle vendite B2C realizzate da imprese europee non stabilite in UK, ma con un loro stock nel Paese. Il merchant italiano non stabilito in UK ma con stock in loco dovrà in ogni caso attivare una partita IVA britannica, che sarà necessaria per indicare il valore delle vendite tramite marketplace, così da fare reverse charge all’importazione o richiedere rimborsi, oltre che dichiarare e versare l’Iva sulle vendite B2B.

ADEMPIMENTI PER L’ESPORTAZIONE

Vanno quindi tenuti in considerazione i seguenti adempimenti per le vendite nel Regno Unito tramite e-commerce effettuate dal 1° gennaio 2021:

Attivazione di partita IVA britannica, mediante l’apertura di un account UK Government Gateway. Non è necessario possedere un conto bancario britannico per richiedere un numero di partita IVA britannico.
acquisizione del codice EORI (Economic Operator Registration and Identification): si tratta di un codice di identificazione doganale dell’operatore economico riconosciuto da tutte le autorità doganali comunitarie, che serve come riferimento comune per lo scambio di informazioni tra le autorità doganali, per l’identificazione degli operatori economici e per lo scambio di informazioni tra le autorità doganali ed altri enti/organismi/autorità.
Ricerca codice TARIC: ossia il codice attribuito a ciascun prodotto, necessario per il calcolo dei dazi doganali sulla merce. Un errore nella nomenclatura, e di conseguenza nella tariffa doganale e categoria merceologica, può portare ad una sanzione oltre che al blocco della merce.
Compilazione dei moduli di dichiarazione doganale CN22 e CN23: sono documenti che devono essere obbligatoriamente allegati ai pacchi spediti al di fuori della UE, che vengono usati dalle autorità doganali per verificare le merci in entrata e in uscita da un determinato paese. Contengono informazioni importanti sulla merce che viene spedita ad esempio quali articoli sono inclusi nella spedizione e che valore hanno, identificazione del mittente e del destinatario e quali sono i soggetti coinvolti nella spedizione.
Verifica della necessità di allegare al pacco spedito licenze, certificati o nulla osta di esportazione, che vengono richiesti in casi specifici per particolari categorie di articoli.

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Come compilare l’offerta per la partecipazione all’asta telematica

La presentazione dell’offerta telematica può essere fatta da due siti web:

Spazio aste;
Portale delle Vendite Pubbliche, che rinvia al sito si spazio aste.

 

Sito web di Spazio Aste: https://www.spazioaste.it

selezionare “beni immobili”
inserire nei filtri di ricerca il Tribunale di competenza della zona in cui si vuole visionare gli immobili all’asta;
Selezione immobile con applicazione di filtri (categoria, luoghi, prezzo e data di vendita)
Individuato l’immobile di interesse si può accedere, cliccando sulla relativa immagine, alle informazioni generali (dati sul lotto, dati della vendita e descrizione del bene) e alla documentazione (avviso di vendita, planimetrie, perizia ctu e foto)

In questa sezione si trovano 2 tasti:

1 . “Partecipa”: è la modalità di partecipazione all’asta da parte dello spettatore non offerente, che può essere:

il debitore
il creditore;
i comproprietari non esecutati.

Quando viene inviata la richiesta di partecipazione viene richiesto l’inserimento dei dati anagrafici (nome, cognome, indirizzo pec, codice fiscale e dati del documento d’identità) e la motivazione per cui viene richiesta la partecipazione all’asta. Queste informazioni vengono inviate al delegato che controlla validità della motivazione ed ha potere di accettare o rifiutare la richiesta.

2. “Invia offerta”: consente di procedere con l’inserimento dei dati dell’offerente per la presentazione dell’offerta di acquisto, previo reindirizzamento al sito del ministero https://pvp.giustizia.it/pvp-offerta/i/769293?lang=it;

 

Nella prima schermata della sezione “invia offerta” vengono date alcune informazioni di carattere generale necessarie per la compilazione dell’offerta telematica:

Procedere alla compilazione dell’offerta dopo il versamento della cauzione (non è possibile salvare l’inserimento quindi quando si procede si deve già avere a disposizione il CRO del bonifico);
Requisiti per allegati: solo immagini in bianco/nero, 1654×2338 pixel per i pdf, massimo 25 mb di dimensione, P7m PDF i formati ammessi;
Pagamento bollo telematico – rinvio al link PST Giustizia https://pvp.giustizia.it/pvp-offerta/i/769293?lang=it
Elenco dei 6 passaggi necessari per la presentazione dell’offerta;
Flag informativa ex art. 13 D.Lgs. 30 Giugno 2003 n. 196.

→ tasto “continua”

 

Nella seconda schermata si procede con l’inserimento dei dati dell’offerta:

 

Step 1: LOTTO

Presenta il riepilogo dei dati relativi all’immobile e alla procedura. Dopo aver effettuato un controllo  → tasto “conferma” per procedere con.

 

Step 2: PRESENTATORE

Richiesto inserimento di:

Dati anagrafici (da verificare se corretto l’inserimento – non c’è un controllo automatico del codice fiscale)
Contatti (mail, pec, cellulare)
Indirizzi

 

Step 3: OFFERENTE

Se l’offerente coincide con il presentatore fleggare “stessi dati presentatore” altrimenti compilare con i dati richiesti.

C’è la possibilità di aggiungere più offerenti.

 

Step 4 : QUOTA – TITOLI DI PARTECIPAZIONE

Specifica diritto (proprietà, usufrutto, …)
Quota;
Titolo in forza del quale si partecipa all’asta:
titolo personale;
in qualità di rappresentante legale;
procuratore
tutore
per persona da nominare
Specifica documento relativo alla qualifica sopra indicata da includere in seguito (es. procura – verbale assembleare …)

 

Step 5: OFFERTA

prezzo offerto;
termine di pagamento;
estremi del versamento della cauzione: il pagamento deve essere eseguito a mezzo bonifico bancario sul conto corrente specificato nell’avviso di vendita)
specifica dell’IBAN per la restituzione della cauzione (deve essere lo stesso iban dal quale è stato eseguito il bonifico)
importo cauzione;
iban beneficiario;
numero di CRO;
data e ora del bonifico;

Sezione Allegati:

– specifica tipo documento → opzioni:

Visura;
procura speciale;
verbale fideiussione:
altro

Non previsto tra le opzioni il documento d’identità che deve essere allegato nell’opzione “altro”.

I documenti allegati non devono essere firmati digitalmente.

-specifica utente per cui si allega documento

 

Step 6: RIEPILOGO

Dichiarazioni da fleggare;
Firma offerta – 2 modalità:
Firma in linea: senza scaricare e riallegare;
Scarica e firma fuori linea: scaricare e riallegare nella sezione 3 dopo aver firmato digitalmente (formato p7m).

 

Dopo la conferma appare l’ultima schermata con una sezione evidenziata in verde “l’offerta è stata inserita correttamente”.

Per procedere con l’invio dell’offerta è necessario:

→ scaricare il file in formato P7M ricevuto per e-mail: è necessario non tentare di aprire il file contenente l’offerta in quanto c’è il rischio di alterazione della stessa;

→ allegare il file alla pec unitamente alla ricevuta di pagamento del bollo telematico;

→ inviare i documenti all’indirizzo pec che si trova specificato nel manuale utente contenuto nel sito web del PVP: offertapvp.dgsia@giustiziacert.it

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Abuso edilizio

Una società di professionisti operanti nel settore della progettazione ha contattato lo studio dopo aver ricevuto da un Comune un’ordinanza di demolizione di lavori, realizzati previa presentazione di Segnalazione Certificata di Inizio Attività, rilevando che l’intervento, oltre a non essere conforme al regolamento comunale, dovesse essere autorizzato mediante permesso a costruire, anziché SCIA.

L’intervento edilizio aveva ad oggetto la ricostruzione di un solaio in legno posizionato tra il piano primo ed il piano sovrastante, all’interno del locale vano scala e del controsoffitto.

Lo studio ha ritenuto che vi fossero gli estremi per impugnare il provvedimento e, pertanto, ha promosso ricorso avanti al Tar, lamentando che l’intervento era perfettamente conforme alla regolamentazione comunale di riferimento e che rientrava tra gli interventi per i quali è possibile presentare una SCIA.

È stato infatti sostenuto che la conservazione formale e funzionale dell’organismo edilizio connota le attività di restauro e risanamento conservativo rispetto alla ristrutturazione edilizia. L’intento di conservare l’organismo edilizio ed assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che – nel rispetto degli elementi tipologici e formali – ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Rientra nel concetto di risanamento conservativo anche l’intervento che comprende “il consolidamento, il ripristino e rinnovo degli elementi costituitivi dell’edificio, l’inserimento degli impianti richiesti dalle esigenze d’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”.

Dopo aver notificato il ricorso, prima del suo deposito e del pagamento del contributo unificato, al fine di risolvere stragiudizialmente la questione, lo studio si è adoperato per fissare un incontro con il Comune, all’esito del quale, considerata la fondatezza dei motivi indicati nel ricorso, è stata revocata l’ordinanza di demolizione con conseguente eliminazione di ogni conseguenza sanzionatoria, anche sotto il profilo penale.